Natura non facit saltus. La relazionalità implicita nel biologico. Forum IFPS, Roma 2006

IFPS - International Federation of Psychoanalytic SocietiesSIPRe
Roma, 23 - 27 Maggio 2006
XIV FORUM IFPS:
Psicoanalisi in transizione: l'interfaccia tra mondo interno e mondo esterno.


Panel: L’INCONCIO E LE SUE VICISSITUDINI

Attualmente l’inconscio viene proposto da alcuni autori sotto forma di codice , registro, particolare assetto di mentalizzazione e altro ancora. All’interno di queste attuali letture come può configurarsi il rapporto tra l’inconscio e la funzione metariflessiva ( altrimenti detta autoriflessione , ma anche metacognizione o semplicemente funzione riflessiva (cfr. Fonagy).



Natura non facit saltus. La relazionalità implicita nel biologico


Il punto di partenza della concezione di inconscio come codice: Freud e la rappresentazione di cosa e di parola.


“ Tutto ad un tratto pensiamo di avere capito in che cosa consista la differenza tra una rappresentazione conscia e una rappresentazione inconscia. Contrariamente a quanto avevamo supposto, non si tratta di due diverse trascrizioni dello stesso contenuto in località psichiche differenti, e neanche di due diverse situazioni funzionali dell’investimento nella stessa località, la situazione è piuttosto la seguente: La rappresentazione conscia comprende la rappresentazione della cosa più la rappresentazione della parola corrispondente, mentre quella inconscia è la rappresentazione della cosa e basta. Il sistema Inc contiene gli investimenti che gli oggetti hanno in quanto cose, ossia i primi e autentici investimenti oggettuali; il sistema Prec nasce dal fatto che questa rappresentazione della cosa viene sovrainvestita in seguito al suo nesso con le relative rappresentazioni verbali. Abbiamo il diritto di supporre che siano tali sovrainvestimenti a determinare una più alta organizzazione psichica, e a rendere possibile la sostituzione del processo primario con il processo secondario che domina nel Prec. A questo punto siamo anche in grado di indicare con precisione cos’è che la rimozione ricusa nelle nevrosi di traslazione alla rappresentazione respinta: le ricusa la traduzione in parole destinate a rimanere congiunte con l’oggetto” ( S. Freud, Metapsicologia. p.85)

Freud riteneva esistesse una fondamentale differenza tra inconscio e conscio, spiegata, da un diverso meccanismo di funzionamento ed assetto energetico neuronale. I neuroni permeabili, attraverso i quali l’energia nervosa scorreva senza ostacoli verso la meta della “scarica a zero”, erano i responsabili del processo primario, inconscio: la rapidità e ripetitività del processo spiegavano le caratteristiche dell’inconscio evidenziate nel sogno (condensazione, assenza di tempo), e la coazione a ripetere. I neuroni impermeabili, formando delle “chiuse” al libero scorrere dell’energia, ed introducendo delle varianti al suo percorso, quindi un’elaborazione dell’informazione, erano responsabili del processo secondario, conscio. La coscienza pare sorgere dall’inconscio grazie ad un incanalamento e rallentamento dell’energia psichica.
Nel brano di “Metapsicologia”citato Freud precisa il meccanismo del sorgere del conscio dall’inconscio nella connessione tra rappresentazione di cosa e la rappresentazione di parola. In assenza di traduzione in parole delle rappresentazioni di cosa, stabilendo in tal modo un collegamento stabile che determina coscienza, c’è inconscio.
Anche in questo caso la connessione alla parola, incanalando, irreggimentando, il caotico e coatto fluire dell’energia che va ad investire rappresentazioni di cose, fissate nelle tracce mestiche, produrrebbe, in una sorta di “magia del freno” lo stato conscio. Citando Laplanche: “L’io è agente di inibizione, freno, zavorra” .
In una visione biologico-relazionale, riteniamo insostenibile l’idea di un apparato psichico che, in assenza di questo freno, sia destinato al permanere in uno stato inconscio, monade solipsistica ed allucinata; tuttavia l’idea portante di Freud di due modalità di funzionamento dello psichico, di cui una inconscia più estesa e necessariamente più veloce di quella conscia, è sempre attuale.
Svincolata dalla logica energetico-neuronale freudiana, è riproposta nell’opera di autori successivi.
In particolare, la teoria delle rappresentazione di cosa e parola e la definizione di stato conscio come stabilimento di una connessione tra esse, e di inconscio dinamico (definito nel suo meccanismo di formazione peculiare, la rimozione) come traduzione negata, sono state riformulate dalla Bucci nella teoria del codice multiplo.
Nel lavoro dell’autrice, la connessione tra le due rappresentazioni è diventata la “funzione referenziale”, la quale, operando come un traduttore tra codici, produce un “senso unitario del sé”, rendendo fruibili informazioni depositate in diversi formati. Utilizzando una metafora informatica, questa funzione unitaria potrebbe essere paragonata ad una specie di traduttore universale in grado di rendere accessibili (compatibili) informazioni immagazzinate in diversi linguaggi, altrimenti tra loro incompatibili.

L’inconscio come codice

Wilma Bucci, facendo riferimento a modelli cognitivisti, compatibili con le attuali conoscenze neurofisiologiche, distingue due tipi di attività psichica, nelle quali ritroviamo le tracce del processo primario e secondario freudiani. L’attività mentale viene distinta in un processo di elaborazione d’informazioni che avviene simultaneamente in canali multipli procedenti in parallelo ( Bucci, p. 71) ed adibito alla gestione di grandi quantità d’informazioni provenienti da tutti i canali sensoriali, per lo più al di fuori dell’ambito cosciente, ed un processo di elaborazione monocanale, sequenziale, collegato all’elaborazione linguistica, prevalentemente cosciente.
L’autrice descrive tre codici, non verbale sub-simbolico, non verbale simbolico, verbale simbolico.
Il codice non verbale subsimbolico funziona con la prima modalità, con la seconda il codice verbale simbolico. Tra i due, con elaborazione di simboli visivi, è descritto il codice non verbale simbolico, con un funzionamento misto, parallelo e sequenziale.
Il codice non verbale subsimbolico è paragonabile alle RIG (rappresentations of interaxions generalizated) teorizzate da Daniel Stern.
Si tratta di schemi d’interazioni/relazioni coi care-giver contenute in memorie implicite, le quali vanno a costituire delle rappresentazioni “prototipiche”, rilevazione/registrazione di costanti percepite in una certa relazione-interazione, oggetto di elaborazione al di fuori di ogni accesso volontario alla coscienza in epoca preverbale e costituenti nell’adulto aspettative e motivazioni non consapevoli. Nell’insieme potremmo ipotizzare costituire l’identità inconscia, un repertorio affettivo e cognitivo inconsapevole modellato dall’esperienza di essere con un “altro regolatore del sé”. (Stern, 1985, p.116).
A questo livello d’organizzazione dell’esperienza della soggettività (Sé), Stern parla di Sé nucleare e Sé soggettivo, sottolineando il fatto che questi livelli d’esperienza soggettiva esistono tutta la vita: su di essi si stratifica il Sé verbale.
A questo punto il tutto si complica rispetto allo schema freudiano, perché, sia per Bucci, sia per Stern, codice non verbale subsimbolico/Sé nucleare-soggettivo non sono sinonimo d’inconscio, e codice verbale /sé verbale non sempre coincidono col conscio.
Pur essendovi una prevalenza di coincidenza di coscienza e codice verbale, Bucci osserva che la parola è presente nel linguaggio del sogno, per definizione inconscio, mentre il codice non verbale subsimbolico può talvolta accedere per sé alla coscienza, non essendo pertanto necessariamente sinonimo di inconscio. La non necessaria coincidenza di codice verbale e coscienza, non è una novità: già Freud, parlando del cosiddetto “ linguaggio d’organo” (Freud, p. 83) degli schizofrenici, dei quali osservava che la parola, perdendo la connessione cosciente col significato, riassumeva plasticamente tutta una serie di pensieri, aveva evidenziato la possibilità che la rappresentazione di parola non fosse di per se stessa sempre marker di stato conscio. La possibilità che la coscienza si presenti in codici subsimbolici, e dunque più veloci, contenenti molte più informazioni, talvolta intraducibili in parole, molto più simili a quanto è considerato inconscio, credo invece sia una novità rispetto a Freud, per il quale, per quanto ne so, la rappresentazione di cosa isolata è sempre e solo inconscia.
La presenza di più codici, contenenti informazioni depositate in vari formati, impone il problema di come una tale complessità possa essere accessibile ad un soggetto “referente unitario”. Bucci ritiene esista un’attività referenziale, “funzione d’integrazione delle diverse componenti multiple del sistema umano di elaborazione dell’informazione”(Bucci, p172), per cui i tre codici contenenti informazioni in vari formati vengono “interconnessi per consentire l’integrazione della funzioni, l’organizzazione del comportamento orientato allo scopo, e lo stabilirsi di un senso unitario del sé”.
La coscienza, funzione unitaria del soggetto, sembrerebbe dunque una modalità integrata di funzionamento nella quale il soggetto detiene la versione unificata, frutto di traduzione da più codici. Quando, per motivi dinamici, la funzione referenziale non opera sintesi, i contenuti dei vari codici rimangono tra loro separati, tradotti in linguaggi diversi. Una parte d’identità rimane inaccessibile alla coscienza e va a costituire l’identità inconscia. Oltre l’inconscio dinamico, e dunque oltre ogni difficoltà dinamica alla traduzione dei codici da parte di una funzione referenziale, equivalente del “soggetto referente unitario”, il fatto che la coscienza, per una parte importante sia collegata ai simboli verbali, sembrerebbe necessariamente comportare un procedere passo per passo, ad una velocità notevolmente più bassa di quella che, al contrario, necessitano i processi per lo più non coscienti, tali perché la gestione di molteplici e contemporanei eventi, ambientali e somatici , per essere efficace deve procedere in automatico e dunque inconscio (inconscio descrittivo).
Ma, come ho già detto, anche i codici subsimbolici, e simbolici non verbali, possono agire talvolta nell’ambito della coscienza: la caratteristica di essere più veloci e con possibilità d’agire in parallelo, potrebbe spiegare l’esperienza che può essere descritta come consapevolezza, una forma di coscienza slegata dai codici linguistici, nella quale, quanto viene compreso nel “momento ora”, usando un’espressione di Stern, necessiterebbe un tempo molto più lungo per essere tradotto e comunicato in parole. Dunque, l’essenza della coscienza, ed in negativo dell’inconscio, non può essere il collegamento/scollegamento con le parole. Si può pensare, in un certo senso parlando in silenzio, ma si può percorrere velocemente una serie di pensieri, prendendone consapevolezza in codici diversi da quello verbale, il quale, al contrario può veicolare contenuti inconsci.
Se la coscienza avviene nel presente, seppure sia un’elaborazione delle rappresentazioni avvenute una frazione di tempo passata da poco, probabilmente la stessa percezione del presente è influenzata dall’abitudine umana di pensare coscientemente con simboli linguistici, anche se è possibile utilizzare altri modalità di simbolizzazione: in caso contrario i sordo muti non potrebbero pensare coscientemente.
A questo proposito mi pare interessante il rilievo di Daniel Stern, il quale identifica la lunghezza dei “momenti presenti”, in altre parole i segmenti di tempo che consideriamo il presente e del quale siamo coscienti, in alcuni secondi, il tempo necessario per un atto respiratorio, e nel quale è possibile dire una frase (Stern, 2004, p. 38).
In modo simile Matte Blanco vede la coscienza come una “funzione dispiegante”, nel senso che il numero infinito di potenzialità coesistenti contemporaneamente e senza contraddizione nell’essere simmetrico di cui è composto l’inconscio, viene posto dal pensiero asimmetrico (conscio) sotto una sorta d’illuminazione che lo “dispiega”in sequenze discrete e successive. “Per il momento direi solo che il pensiero asimmetrico “legge nel”(intellegere) essere simmetrico, trova un numero infinito di potenzialità discrete in ogni classe. La classe, in un’immagine concreta, si dispiega sotto l’analisi del pensiero simmetrico” (Matte Blanco, p 124).
Per restare nella metafora linguistica dei codici, oltre a dispiegamento, Matte Blanco sottolinea la funzione di traduzione che la coscienza opera sull’inconscio , ma contemporaneamente commenta: “la funzione di traduzione è, per definizione, destinata al fallimento; si potrebbe anche dire che si tratta di un autoinganno, poiché cerca di sostituire essere simmetrico con essere asimmetrico mentre la verità è che il primo resta immutato: è solo, fino ad un certo punto, riflesso in un certo modo in proposizioni (asimmetriche). Eppure questo processo finisce per rilevare qualcosa dell’essere asimmetrico” (Matte Blanco, p. 124)
Dunque, come ogni traduzione necessariamente opera una riduzione; in altre parole l’inconscio è più vasto e veloce della coscienza. È un codice contenente molte più informazioni, traducibile, nel migliore dei casi, in sequenze analizzabili una per volta.

Inconscio dinamico: l’impossibile mentalizzazione, ovvero intraducibilità tra codici (tra il biologico ed il relazionale).
Sistemi motivazionali interpersonali, cervello rettiliano, neuroni a specchio, mentalizzazione.

Contro la tesi di Freud di un organismo primitivo originariamente disinteressato all’interazione/relazione con l’esterno, le teorie dei cognitivisti sostengono che i sistemi nervosi degli organismi più semplici della razza umana regolino, al di fuori di ogni sospetto di autocoscienza ed anche prima della semplice mentalizzazione, comportamenti ed emozioni sofisticatissime nelle quali è difficile identificare fasi allucinatorie o solipsistiche: un uccello allontanerà un suo simile dalla zona del proprio nido, non conoscendone riflessivamente il motivo, ma sicuramente con uno scopo del tutto razionale.
Liotti descrive degli apparati motivazionali già presenti nei rettili (Liotti, p. 34) e regolanti in maniera totalmente istintuale (nel senso di comportamento geneticamente codificato e preordinato) il comportamento e le interazioni tra soggetti di uguale specie. Questi “sistemi motivazionali interpersonali (SMI)” (Liotti, p. 39) persistono nel nostro “cervello rettiliano” e lavorano contemporaneamente a sistemi regolanti interazioni più complesse. La natura, come dicevano i latini “non facit saltus”, e nell’evoluzione verso specie più complesse si verifica una sorta di “bricolage” (Liotti, p. 29) grazie al quale comportamenti basati su SMI al di sotto del livello cosciente, vengono utilizzati con le successive integrazioni: col procedere verso forme di vita più complesse come i primati e l’uomo emerge la coscienza, probabilmente connessa alla regolazione di più individui all’interno di un gruppo con un sistema sociale altamente interattivo. “ A fondare la coscienza è la relazionalità basata sull’operare degli SMI innati, prelinguistici che condividiamo con gli altri primati” (Liotti. p. 50).
Le ipotesi di Liotti trovano nelle teorie psicanalitiche relazionali uno straordinario punto di contatto nell’idea portante della interazione-relazione come fattore costituente lo stabilirsi di pattern comportamentali regolanti le relazioni tra soggetti della stessa specie, di fatto elementi costitutivi i precursori della coscienza. Al vertice di queste complesse interazioni sociali, ritengo possa essere posta la funzione riflessiva, o mentalizzazione, la quale ” permette di derivare lo stato del sé dalla percezione dello stato mentale dell’altro” (Fonagy, p. 102).

Il bambino simbolizza i propri affetti in base al rispecchiamento offerto dal genitore. In un certo senso deve imparare a nominare i propri affetti nel rapporto con l’adulto ed il tutto è condizionato dalla necessità di mantenere il rapporto. Se un certo contenuto mentale risulta pericoloso per l’adulto, dal piccolo verrà etichettato come “non praticabile” e, non simbolizzabile in un codice verbale, verrà espresso in modalità fisiche.
Il fondamento sul quale si poggia la futura possibilità di dare significati, nell’uomo passa necessariamente da un iniziale imprintig sociale. Le future possibilità di pensabilità, sono regolate da una rete di permessi e divieti in grado di imprimersi e strutturare il supporto biologico del mentale, e trovano un dispiegamento ottimale all’interno di un’interazione sociale favorevole, con uno stile d’attaccamento sicuro. Conseguentemente a questo aspetto, in condizioni meno vantaggiose, la funzione riflessiva può essere deficitaria configurando la possibilità dell’ inconscio dinamico, o in termini cognitivisti, di discontinuità della coscienza.
Le recenti ricerche sui neuroni a specchio confermerebbero una strettissima relazione tra patterns d’attivazione neuronica operanti durante l’osservazione d’azioni, e l’esecuzione della medesima azione da parte del soggetto. L’attivazione non “rispecchia” solo la sequenza di movimenti contenuti nell’azione, ma l’intenzione finale( Rizzolatti, p. 125). Se dunque sembrerebbe che la confrontazione tra proprie intenzioni e quelle lette nell’altro permettano la comprensione “empatica” dell’altro, il meccanismo potrebbe essere ipotizzato funzionare al contrario, e permettere di comprendere coscientemente le proprie intenzioni, passando da una stretta confrontazione con l’altro significativo, e lasciandole altresì in conoscibili coscientemente, ovvero intraducibili in un linguaggio-codice conscio, qualora la relazione richiedesse altrimenti. L’ampiezza e la profondità del campo esplorabile dipenderebbero dalla possibilità di eseguire intenzionalmente azioni che diventano leggibili nel confronto. Questa osservazione troverebbe riscontro nella teorizzazione di Fonagy, ove la funzione riflessiva è agevolata dal libero accesso alla sperimentazione, al gioco, “al far finta che”, in una relazione genitore-figlio “sicura”. Per la relazione tra difficoltà nella mentalizzazione ed istituzione dell’inconscio, ritengo importanti le osservazioni sui pazienti borderline. (Fonagy, p. 191).Secondo Fonagy, in presenza di stili d’attaccamento disorganizzato con contenuti mentali del care-giver spaventati/spaventosi, il bambino blocca la mentalizzazione. Potremmo dire che, in un certo senso rimane, di volta in volta imprigionato nell’”equivalenza psichica,” nel punto di vista dell’altro significativo, preso troppo sul serio, non potendolo relativizzare come un punto di vista da esplorare tranquillamente e farlo proprio, ma all’interno di più versioni ugualmente utilizzabili, “autorizzate”. Si spiegherebbe in questo modo l’osservazione nel disturbo borderline della coesistenza di versioni tra loro incompatibili e tra loro non comunicanti (inconsce l’una rispetto all’altra in tempi successivi, una sorta di “inconscio sequenziale” ) di una stessa persona o situazione. Si attiverebbero in successione RIG costituitesi nella relazione con diversi care-giver, tra loro contrastanti, ma ugualmente vitali, e che non potendo essere pensati come punti di vista, rimangono rigidamente pensati “veri”, e, poiché tra loro incompatibili, separati da una rimozione reciproca.

Sintetizzando i contributi di Bucci, Fonagy e Liotti, potremmo dire che la traduzione dell’esperienza vissuta in un codice inconscio o in un codice conscio è oggetto di mediazione relazionale, già inscritta nella relazionalità intrinseca all’organizzazione biologica .

BIBLIOGRAFIA

Bucci W. (1997) Psicanalisi e scienza cognitiva. Trad, it Giovanni Fiorini Editore, Roma, 1999
Fonagy, P., Target, M. (2001) Attaccamento e funzione riflessiva. Trad.it. Raffaello Cortina editore, Milano, 2001
Freud S. (1915) Metapsicologia OSF, VIII, Bollati Boringhieri, Torino 1989
Laplanche, J. (1991). Elementi per una metapsicologia. Trad. it. Borla, Roma,1991
Liotti, G. (1994) La dimensione interpersonale della coscienza. Carocci, Roma
Matte Blanco. (1975) L’inconscio come insiemi infiniti. Trad. it. Giulio Einaudi Editore, Torino,1981
Rizzolatti G., Sinigaglia C. So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni a specchio. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2006
Stern, D.N. (1985), Il mondo interpersonale del bambino. Trad. it. Bollati Boringhieri, Torino, 2002
Stern, D.N. (2004) Il momento presente. Trad it. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005

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